Ipotesi e sforzi alla ricerca del benessere.
27 e 28 settembre 2024. Alle ore 17.00 presso il liceo “Leonardo da Vinci” in via Pantanelle.
di Giuseppe Musilli
Fra gli argomenti che affrontiamo il pomeriggio del 27 e 28 settembre ne abbiamo uno per cui cerchiamo un nome da tempo. Alcuni lo chiamano semplicemente FELICITA’. Noi esitiamo; è un nome impegnativo, anzi molto impegnativo e noi non amiamo fare i faciloni o gli imbonitori. Perciò lo chiamiamo BENESSERE, oppure APPAGAMENTO, o SODDISFAZIONE. Ci sembrano definizioni più accurate e anche più impegnative.
Di queste cose parliamo con i nostri amici esperti Giacomo Papasidero, un mental coach romano molto famoso e con il Senatore Dott. Antonio Guidi, già ministro della Repubblica e medico psichiatra.
Forse avete incontrato più di una volta qualcuno che vi ha detto: “La psicologia? Non è una cosa che fa per me. È una cosa che riguarda i matti!”. Del resto frasi del genere le abbiamo sentite anche nei film e alla televisione.
Ovviamente costoro si sbagliano. Quella che una volta poteva essere considerata una pseudoscienza, la psicologia, oggi è diventata la “neuroscienza”, una scienza come le altre, che studia e sperimenta come le altre. Ma anche quando cercava di spiegare perché alcune persone soffrono più di altre, cercando di aiutarle, ha fatto comunque la sua figura. La parola, come sappiamo, cura. Se ben usata!
Ma la stessa psicologia ha fatto alcuni passi avanti molto importanti. Ha cercato di diventare una scienza che non si dedicasse solo a studiare ciò che non va, una scienza dedicata alle nevrosi, una clinica per chi sta male. Negli ultimi 20/30 anni la psicologia si è data un oggetto che prima non aveva nemmeno mai concepito. E questo oggetto è il benessere. Questa branca della psicologia si chiama la psicologia positiva e ha come scopo quello di far stare meglio coloro che vivono normalmente, che non hanno specifici problemi psichici, che non devono curarsi, ma che vogliono semplicemente crescere nel proprio vivere per diventare appagati e soddisfatti.
Questa svolta è intervenuta contemporaneamente al fatto che l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la salute una “condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente l’assenza di malattia o infermità.”
Insomma si possono o magari si debbono curare anche quelli che non sono malati!
La psicologia positiva non è ancora particolarmente diffusa. Ciò perché noi cerchiamo aiuto quando ci sentiamo male, quando pensiamo che ci sia qualcosa che non vada o che non torni.
Noi del Festival delle emozioni abbiamo proprio come scopo quello di non affrontare le questioni specialistiche. Noi non facciamo terapie, non consigliamo dottori, ma cerchiamo di rendere migliore la nostra normale vita più o meno ansiosa. Noi vorremmo curare proprio quelli che non sono malati, ma che non sono comunque soddisfatti di ciò che sono.
Gli elettrodomestici e l’enorme sviluppo industriale ci hanno restituito molto tempo. Vogliamo farcelo rubare dai telefonini e dalla televisione? Oppure vogliamo utilizzare una parte di questo tempo per stare meglio?
Come si fa dunque a stare meglio?
Ecco alcune indicazioni piuttosto condivise dagli esperti:
- Cercare di diminuire e di controllare le emozioni negative. Paura, rabbia, tristezza, vergogna…
- Cercare di aumentare la frequenza delle emozioni positive. Gioia, speranza, soddisfazione…
- Condurre una vita significativa che ci riservi riconoscimenti e soddisfazioni, pur nel normale e altalenante andamento del nostro umano vivere.
I punti 1 e 2 fanno parte di una buona educazione emotiva. Le emozioni si possono educare, ma questo aspetto non viene ancora considerato adeguatamente sia nelle famiglie che nella scuola. È il momento di fare un vero salto di qualità e di impiantare in ogni famiglia, in ogni classe e in ogni scuola la capacità di riconoscere, controllare ed educare le emozioni. Il Festival delle emozioni è nato 10 anni fa proprio per questo.
Il punto 3 riguarda le scelte che facciamo nella nostra vita.
A questo punto vogliamo ripetere che ognuno di noi ha le sue ferite e le sue risorse… Conoscere queste ferite e queste risorse ci aiuterebbe moltissimo a fare le scelte giuste. La questione è appunto scegliere un partner, un lavoro, un rapporto con gli amici e con la società che sviluppi e valorizzi le nostre risorse. Noi siamo portati a fare alcune cose e non ci piace farne altre; se scegliamo un lavoro o un modo di vivere che corrisponde alle nostre risorse allora lo facciamo con passione e con positività. E se ciò avviene incontriamo più facilmente la soddisfazione e l’appagamento. In parole povere noi dobbiamo fare scelte che ci portino a condurre una vita significativa.
Non è una cosa facile! Il problema è conoscere se stessi. Il problema è capire quali sono i nostri lati negativi e i nostri lati positivi. Capire le ferite che hanno generato la nostra identità e capire le risorse che questa identità si è data per rispondere alle ferite che abbiamo subito. Ferite e risorse sono in corrispondenza reciproca, inseparabili. Una certa ferita ha generato una certa risorsa. Ovviamente la risorsa è una capacità generica; essa è molto ampia e può essere resa operativa in mille modi. Non abbiamo una risorsa che dica che siamo destinati a fare l’usciere del ministero o il carpentiere o il medico. Abbiamo risorse che ci dicono che siamo disponibili a lavorare con gli altri e ad essere gentili e generosi; oppure risorse che ci dicono che sappiamo trattare con gli altri, sappiamo convincerli, sappiamo essere positivi e generosi; oppure risorse che ci spingono ad essere bravi, perfetti, sempre responsabili e sempre presentabili; oppure risorse che ci spingono a cercare sempre il modo giusto, il significato giusto, il gesto giusto.
Le risorse ci dicono le nostre tendenze, non ci dicono che mestiere fare. Sta a noi declinarle nel nostro vivere quotidiano per farle diventare la nostra attività principale o almeno un’attività accessoria che dia un positivo significato alla nostra vita.
Questo aspetto presenta una certa importanza. Le vicende della vita, incontrollabili e occasionali, a volte ci portano a guadagnarci da vivere in un modo che non ci soddisfa del tutto; ma oggi oltre a poter fare delle scelte alternative a quelle che non ci soddisfano si possono fare delle seconde scelte che possiamo ritenere più appropriate. Cioè scelte al di là del lavoro, scelte nel nostro tempo libero. Possiamo aiutare nel volontariato, nella formazione, possiamo fare nel weekend quello che abbiamo sempre sognato, possiamo lavorare on line per obiettivi importanti, possiamo dedicarci allo sport, alla natura, all’arte, alla lettura, alla scrittura, ecc…
Oggi ci sono grandi possibilità di condurre o di raddrizzare le cose che non vanno o che non ci danno soddisfazione.
La vita significativa esige però che noi la cerchiamo.